1925 – 2025: le TBM verso il bicentenario
Nel 2025 celebreremo il 200° anniversario dell’invenzione della Tunnel Boring Machine (TBM), una rivoluzionaria tecnologia che ha trasformato il modo in cui vengono costruite le gallerie in tutto il mondo. In questa rubrica esploreremo l’evoluzione delle TBM, partendo dalle prime idee e dai prototipi fino alle macchine moderne che oggi avanzano sotto ammassi rocciosi, fiumi e città con precisione e velocità sorprendente.
La prima talpa della storia: il tunneling shield di Brunel sotto al Tamigi
La storia delle TBM e dello scavo meccanizzato comincia con Sir Marc Isambard Brunel, un ingegnere francese naturalizzato statunitense le cui idee hanno posto le basi per tutte le innovazioni successive nell’ambito dell’ingegneria geotecnica. Ma facciamo un passo indietro: nel 1805, un gruppo di minatori della Cornovaglia tentò di scavare una galleria sotto al Tamigi tra Rotherhithe e Wapping, nei pressi di Londra. Il progetto della Thames Archway Company fallì dopo pochi anni a causa delle difficili condizioni del terreno – argilloso e con sabbie mobili – che provocarono numerosi allagamenti: gli ingegneri, dopo aver scavato 305 metri su 366, conclusero che un tunnel sotto al Tamigi fosse impraticabile.
Nel frattempo Brunel stava studiando una soluzione. Già nel 1814 l’ingegnere propose allo zar Alessandro I di Russia un attraversamento sotterraneo sotto il fiume Neva a San Pietroburgo ma il progetto venne scartato a favore di un ponte. Brunel non si lasciò scoraggiare e continuò a studiare altre idee per nuovi metodi di scavo. L’intuizione arrivò dall’osservazione dei molluschi marini, in particolare dalla teredine, un tipo di verme che mangia il legno per costruire la propria casa. Questo animale – che arriva anche a un metro di lunghezza – anteriormente è dotato di una conchiglia di protezione grazie alla quale riesce a scavare all’interno del legno. Mentre avanza, questo mollusco rilascia una sostanza viscida lungo le pareti capace di sostenere il foro.
Questa intuizione lo portò a brevettare il tunnelling shield (letteralmente “scudo da galleria”), una svolta rivoluzionaria nella tecnologia di scavo. Questo scudo non era una TBM vera e propria come le conosciamo oggi ma una macchina scudata capace di costituire una protezione essenziale per gli operai durante lo scavo manuale. Dopo aver raccolto una serie di finanziamenti da alcuni investitori privati (tra i quali quelli del Duca di Wellington) finalmente nel novembre 1825 si partì con il primo scavo meccanizzato della storia. Il tunnelling shield di Brunel era una struttura cilindrica con guscio in ghisa, composta da 36 celle separate dove gli operai lavoravano per scavare il terreno di fronte a loro.
Ogni cella poteva essere spostata in avanti con dei martinetti, permettendo un avanzamento graduale dello scudo. Una volta scavato un tratto di tunnel, le pareti venivano immediatamente rivestite con dei mattoni in modo da prevenire crolli. L’innovazione chiave dello scudo ideato da Brunel consisteva nella sua capacità di fornire un supporto temporaneo al terreno non rivestito di fronte e attorno allo scudo stesso durante il processo di scavo. Questa invenzione permise di scavare in sicurezza sotto il Tamigi, un’impresa considerata impossibile fino ad allora. Gli operai, protetti da questa struttura innovativa, potevano procedere con lo scavo senza il rischio immediato di crolli e inondazioni.
La costruzione della galleria, comunque, non fu priva di difficoltà. Lo scavo della macchina scudata procedeva a ritmi decisamente lenti, ovvero tra i 3 e i 4 metri alla settimana.
Vari allagamenti, incendi, perdite di gas metano e addirittura sei morti durante i lavori rallentarono la realizzazione del tunnel tanto da bloccarsi per sette anni tra il 1828 e il 1835, prima di ripartire dopo un nuovo rifinanziamento. Nel frattempo, le lungaggini dovute alla pericolosità della costruzione, fecero diventare la galleria un bersaglio facile dell’humour londinese, che si amplificò quando vennero resi noti i costi necessari per la sua realizzazione: ben 454.000 sterline per lo scavo e altre 180.000 per l’allestimento, ben oltre le previsioni iniziali.
Il Thames Tunnel venne finalmente completato nel 1843, diventando ufficialmente la prima galleria sottomarina al mondo: lunga 396 metri e larga 11, essa non dimostrò soltanto la fattibilità dello scavo di tunnel sotto grandi corpi d’acqua ma aprì anche la strada a ulteriori sviluppi nella tecnologia delle TBM. Il rivestimento della galleria, al termine dei lavori, fu realizzato con la bellezza di sette milioni di mattoni. Nonostante le ironie iniziali, la galleria del Tamigi divenne ben presto un’attrazione turistica e una meraviglia ingegneristica del suo tempo (qualcuno la definì addirittura come «l’ottava meraviglia del mondo»), dimostrando che le applicazioni pratiche dell’ingegneria civile erano in grado di superare barriere naturali apparentemente insormontabili.
Negli anni successivi vennero sviluppati numerosi brevetti che, ispirandosi alla macchina di Brunel, introdussero cambiamenti significativi come lo scudo cilindrico, la capacità di iniettare malte cementizie nel divario tra scudo e terreno o l’avanzamento in un unico blocco dello scudo.
Ma la visione di Marc Isambard Brunel e l’invenzione del Tunnelling Shield rappresentano una pietra miliare della storia delle TBM e dell’ingegneria geotecnica. Questo primo passo ha aperto la strada a duecento anni di progressi e innovazioni che hanno reso possibile la realizzazione di progetti di gallerie sempre più ambiziosi e complessi, passando da una “semplice” macchina scudata alle attuali TBM, mastodontiche, automatizzate e molto più veloci nell’avanzamento.